Il fenomeno delle grandi dimissioni





Il Fenomeno delle grandi dimissioni:

Sono le storie della Great Resignation, le grandi dimissioni. Da aprile a settembre 2021 più di 19 milioni di lavoratori hanno presentato le loro dimissioni da lavori evidentemente non più desiderabili. Un fenomeno che è esploso negli Stati Uniti nel corso della pandemia e non accenna a fermarsi. Secondo una ricerca di McKinsey (Multinazionale per la consulenza strategica e leader al mondo per la quota di mercato), alla domanda “quanto ritieni probabile lasciare il tuo lavoro nel corso dei prossimi 3-6 mesi?” il 22% dei lavoratori ha risposto “un po’ probabile (somewhat likely)”, il 9% ha risposto “probabile (likely)”, il 5 e il 4% rispettivamente “molto probabile (very likely)” e “quasi certo (almost certainly)”. Sommando queste percentuali, risulta un 40% di lavoratori che stanno almeno pensando di lasciare il proprio lavoro. Questi risultati sono trasversali a diversi settori: 32% nel settore education; 43% nella manifattura; 36% sanità; 47% ristorazione e ospitalità; 36% trasporti; 41% tra gli impiegati.

Per il 53% dei datori di lavoro, continua la ricerca di McKinsey, il turn over degli ultimi mesi è superiore rispetto agli anni precedenti e di questi il 64% pensa che la situazione resterà uguale (59%) o peggiorerà (5%). Non si pensi che tutti coloro che si dimettono lo fanno perché hanno già un altro lavoro sottomano. Questo è vero soltanto nel 64% dei casi. Così come tra coloro che pensano di dimettersi a breve, soltanto per il 36% avere un altro lavoro è una condizione necessaria. Tutti gli altri ritengono di dimettersi anche a rischio di rimanere disoccupati per un certo periodo.

In Italia:

I dati italiani più affidabili e più recenti sono quelli forniti dal Sistema delle Comunicazioni Obbligatorie e aggiornati al secondo trimestre 2021.

Come sintetizzato da Lavoce.info, anche in Italia si registra un considerevole aumento di cessazioni di rapporti di lavoro: +37% rispetto al trimestre precedente; +85% rispetto al secondo trimestre del 2020 (ma si era in piena pandemia) e comunque +10% rispetto al secondo trimestre del 2019. Anche il quit rate, cioè il rapporto tra il numero di dimissioni sul totale del numero di occupati in un certo periodo raggiunge il valore più alto mai toccato, cioè 2,12 (il trimestre precedente era 1,19).

Qualche domanda sulle cause:

Di certo, l’ondata di dimissioni rappresenta un problema per le aziende ed è necessario indagare e comprendere il fenomeno per prendere, se necessario, le giuste contromisure. McKinsey riporta uno studio sull’importanza di diversi fattori o aspetti della vita lavorativa, dal quale emerge come le percezioni dei lavoratori e quelle dei datori di lavoro o manager non siano sempre allineate: non tutto ciò che secondo il management è importante per i dipendenti, è effettivamente ciò a cui i lavoratori danno importanza.

L’allineamento si ha quando si parla di equilibrio tra tempo di vita e tempo di lavoro, della possibilità di prendersi cura della propria famiglia, dell’abbordabilità del carico di lavoro e del sentimento di coinvolgimento con il lavoro.

I manager tengono invece a sottostimare l’importanza che per i loro dipendenti hanno fattori quali il sentirsi valorizzati dall’organizzazione e dai manager, il senso di appartenenza, le possibilità di carriera, la flessibilità dell’orario di lavoro e l’avere colleghi affidabili e con i quali instaurare relazioni gratificanti. Viceversa, tendono a sopravvalutare l’importanza dell’adeguatezza del compenso, del cercare altri lavori o essere contattati da altre aziende, della possibilità di lavorare da remoto e delle opportunità di sviluppo.

Questi dati indicano che il management di alcune aziende tende a dare valore soprattutto agli aspetti transazionali del rapporto di lavoro (ad esempio il compenso) e non si accorge che per i lavoratori sono più importanti gli aspetti relazionali.

Questa mancanza di congruenza è probabilmente aumentata in seguito alla pandemia, che ha fatto sì che le persone maturassero nuove aspettative nei confronti del lavoro, dell’azienda, dei capi, dei colleghi; anche a causa dei continui cambiamenti che in molti contesti lavorativi si stanno sperimentando dopo l’introduzione dello smart working, dal quale è difficile tornare indietro e che sta cambiando l’interfaccia tra gli individui e le organizzazioni di cui essi fanno parte.

Conclusione

Il fenomeno delle dimissioni è uno dei frutti della pandemia, tanto inaspettato quanto interessante e potenzialmente portatore di crisi, intesa non solo come situazione difficile ma anche come momento di cambiamento e di crescita. È ancora presto per trarre un bilancio di quanto sta succedendo, ma indagare questo fenomeno, comprenderne le cause, individuare gli strumenti per fronteggiarlo sono certamente alcune delle sfide che in questo momento storico si pongono di fronte alle aziende, al management e alle direzioni del personale e possono rappresentare l’occasione per avvicinare le condizioni di lavoro a ciò che è più importante per le persone, per costruire ambienti di lavoro più sani e più soddisfacenti, per migliorare il benessere dei lavoratori.

A questo punto le soluzioni che possono essere prese in considerazione per migliorare la condizione dei propri dipendenti all’interno delle aziende volgono lo sguardo sull’offrire dei corsi sul rischio da stress e psicosociale ed aumentare le azioni di comunicazione interna volte ad un miglioramento della qualità sia del luogo di lavoro sia della presenza del personale in quel determinato luogo.

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